Area archeologica Doss Castel

da www.archeotrentino.it

Contesto geografico

La località di Dos Castel a Fai della Paganella, si trova sulla destra idrografica dell’Adige, poco più a sud di Mezzolombardo, punto di collegamento con la Val di Non. Il luogo assume una posizione strategica, essendo difeso naturalmente su tre lati, e sull’unico lato non protetto, venne costruita una recisione in muratura a secco, parzialmente riportata in luce. L’area assume una funzione di difesa e di vedetta, per questo gli fu attribuito il termine di “castelliere”, (era abitati isolati su sommità, difesi naturalmente o artificialmente); ma allo stesso tempo, domina la Valle dell’Adige, offrendo al visitatore un’ampia vista panoramica.

Nelle vicinanze del sito, sorgeva anticamente un bacino lacustre, che garantiva l’approvvigionamento idrico; ed era in comunicazione con il fondovalle tramite un sentiero scosceso. Le ricerche, hanno portato ad ipotizzare una possibile relazione tra il sito di Dos Castel e quello accessibile nel fondovalle sul sottostante conoide di Zambana El Vato, dove le strutture indagate indicano un’organizzazione a moduli isolati.

Storia degli scavi

Il sito archeologico di Dos Castel fu scoperto nel 1979, in seguito alla segnalazione da parte di un privato del ritrovamento dei resti di una situla in bronzo. Dopo questa rilevante scoperta, l’Ufficio beni archeologici della Provincia Autonoma di Trento, organizzò fra il 1981 e il 1984 e il 1988 e 1991 una serie di campagne di scavo, durante il periodo estivo, dirette dal maestro Renato Perini. Le prime tracce di stazionamento nei sito di Dos Castel a Fai della Paganella, risalgono all’Età del Bronzo medio-recente (XIV secolo a.C.), che attestano frammenti di vaso; più consistenti risultano i reperti, relativi alla seconda frequentazione del sito, nel Bronzo recente (XIII-XII secolo a.C.) e Bronzo Finale (XI-IX secolo a.C.). Ma la frequentazione più significativa, risulta quella della Seconda Età del Ferro (V-IV secolo a.C.). In questa fase “Cultura Frizens-Sanzeno”, nota come “periodo retico”, si sviluppò sul dosso un grande villaggio, con case seminterrate, protette ai lati da muretti a secco, divise in vani, e in base al ritrovamento di impianti di assi e travi carbonizzati, si è ipotizzato avessero un corridoio o una buona soglia sistemata in un angolo. I resti delle case dell’abitato sono ben conservati, disposte a schiera a diverse quote, le une accanto alle altre a moduli unifamiliari, con doppi muri in comune, sistemate lungo il pendio del dosso su terrazzi rettangolari artificialmente. Le case erano di forma quadrangolare, in parte semi interrate e con la parte superiore in legno, con tetto probabilmente in paglia.

Ricostruzione in scala di una casa retica, esposta nella mostra di “Sanzeno Antica” al Museo Retico

I resti delle strutture del villaggio retico in situ si dividono in due settori.
Nel settore I, esplorato fra il 1979 e il 1980, fu messa in luce l’area di una casa a forma “L” delimitata da sei solidi muretti in origini seminterrati; l’abitazione (denominata vano A) doveva essere divisa in due vani, con diversi tipi di pavimentazione realizzate su livelli differenziati (assi lignee nel vano più rialzato e di ghiaie e roccia nel vano inferiore). La separazione dei due vani, segnata dall’allineamento di pietre, su di esse sono stati rilevate tracce di un’asse carbonizzata, probabilmente parte di una parete divisoria.

La parte delle casa con pavimentazione in sassi, ha restituito una quantità maggiore di materiali

Divisa in due vani, con diversi tipi di pavimentazione realizzate su livelli differenziati (assi lignee nel vano più rialzato e di ghiaie e roccia nel vano inferiore). La separazione dei due vani, segnata dall’allineamento di pietre, su di esse sono stati rilevate tracce di un’asse carbonizzata, probabilmente parte di una parete divisoria. La parte delle casa con pavimentazione in sassi, ha restituito una quantità maggiore di materiali, tra cui i frammenti di situla, accanto ai resti di un focolare in argilla, furono rinvenute resti di stoviglie in ceramica e resti combusti di un bovino. Dal vano attiguo provengono reperti ceramici (come le tazze di tipo Sanzeno), oggetti metallici (un’ascia, una zappa in ferro, fibule tipo Certosa) e manufatti in osso e in corno; che consentono di collocare l’abitazione attorno al IV secolo a.C., questi reperti furono coperti da strati di incendio, che determinò l’abbandono repentino e definitivo della casa.

Area Archeologica Dos Castel

A circa due-tre metri di distanza si trova il vano B nel settore 2, che conteneva qualche frammento di tipo Sanzeno decorato a stampo con pareti semicarbonizzate. Il vano B, riprende il modulo costruttivo, con muretti a secco seminterrate disposte a delimitare uno spazio rettangolare; all’interno del vano furono rinvenuti, resti di semi carbonizzati (favino, farro e frumento), lasciando supporre una possibile funzione di deposito di derrate alimentari. Attiguo è il vano C diviso dal vano B da un doppio muro. I tre vani hanno la medesima stratigrafia: strato di collo, sottostante il livello di incendio e poi i resti culturali posti sopra i piani pavimentali di ghiaia e roccia. Nel vano C sono stati scoperti numerosi pesi da telaio, coltello in ferro a codolo con lama serpeggiante ed un’olla biansata, numerose tazze di tipo Sanzeno, fibule bronzee tipo Certosa. Anche il vano C ha in comune con il vano D un muro. Soprastante al vano C, vi era il vano F, al suo interno sono stati scoperti pochi reperti, ma lo studio stratigrafico risultò molto interessante, visto che mise in luce una buca di palo posta al centro della casa e incavi scavati all’interno della roccia per la messa in posa di un tetto a due spioventi.

Il villaggio retico di Fai, non è un caso isolato in Trentino, poiché trova strette corrispondenze con i più noti abitati di Sanzeno e di Montesei di Serso. I resti di Fai risultano ottimamente conservati.
Il villaggio, fu distrutti dal fuoco e venne velocemente abbandonato, come dimostra il ritrovamento all’interno delle abitazioni di molti reperti di vita quotidiana, tra cui oggetti in metallo come: tazze di tipo Sanzeno, olle, brocche, fibule in bronzo, coltelli, asce tra cui una con sigla alfabetiforme, manici di situla e strumenti in osso e ferro. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che l’abitato distrutto da un violento incendio, avrebbe potuto collegarsi agli eventi bellici connessi alla calata dei Celti nella pianura Padana.
Lo studio dei reperti e delle abitazione rivela una strutturazione sociale, anche a livello tecnologico, e soprattutto dal punto di vista difensivo e dell’assetto proto urbanistico dell’abitato.
Nel sito sono state rinvenute monete di epoca romana e qualche frammento di tegolone rinvenuti nei livelli superficiali, ma non vi furono costruzioni sovrastanti a quelle distrutte dal fuoco. Probabilmente, l’unica nuova costruzione, sorge sulla sommità settentrionale del dosso, forse con funzione di “torre di guardia” in epoca medioevale.