Fai ha sempre avuto e continua ad avere una importante tradizione legata all’orto.

“Gli orti di Fai erano i migliori, per via della posizione e della purezza dell’acqua”.

Con l’arrivo degli ‘60, a parte per le diverse varietà di fagioli e patate, conservate in soffitta come tradizione, si iniziarono a comperare le sementi da una persona (detta “l’om de le somenze”) che arrivata dalla valle di Pinè e girava per tutte le case con una cassettiera sulle spalle. Qualcuno continuava comunque la pratica dell’autoproduzione.
Oggi si acquistano in gran parte nei negozi, nei quali, in molti, scelgono piantine già pronte che devono solo essere messe a dimora.

La tradizione si mescola con la passione

Gli orti di Fai

Un tempo, l’orto era sufficientemente grande (dai 50 ai 100 mq e più) in modo da soddisfare l’intero fabbisogno famigliare. Qualcuno poteva anche vendere una parte del raccolto dei campi coltivati fuori dal centro abitato; ad esempio, sin dagli anni ‘50, c’era chi scendeva a Mezzolombardo con un carro carico di cavoli e trainato da buoi, mucche o cavalli.

Tutta la famiglia era impiegata nella sua cura, dall’inizio alla fine della stagione.
Fino gli anni ‘60, era consuetudine “farsi” i semi “in casa”, anche per cavoli cappucci, verze, rape e cicoria. In autunno si asportava alcune piante più “forti” con la propria zolla di terra e si sistemavano nella zona luminosa della cantina o della soffitta, in modo che continuassero a vegetare. In primavera si ripiantavano nel campo e così la pianta, durante l’estate, proseguiva il suo ciclo vegetativo fino all’infiorescenza. I semi così raccolti si conservavano anche per due – tre anni.

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